I timori – se non la vera e propria psicosi – legati al coronavirus non risparmiano i ristoranti asiatici segratesi. Con un calo vertiginoso di clienti e prenotazioni, come in tutta Italia, e la preoccupazione per gli effetti a breve-medio termine dell’emergenza. Ma anche tanta voglia di parlare, spiegare, di metterci la faccia per rassicurare la gente e dimostrare, dati e informazioni alla mano, come le paure siano infondate. «Comprendo i timori e la preoccupazione delle persone, ma non esiste alcun rischio di contagio nel frequentare i locali cinesi o giapponesi, così come hanno ribadito le autorità sanitarie e politiche», dice Yong Ren, 27 anni, titolare dei ristoranti asiatici Sushi Kami e Hachi Jap di Segrate Centro, tra i più noti e frequentati in città. Yong, che vive in città da sette anni, ci ha accolti nel locale di via Morandi per fare il punto della situazione.
Come hanno reagito i segratesi alle notizie sul coronavirus? Come vanno gli affari?
«Ad oggi registriamo circa il 50% in meno di clienti e prenotazioni, va un po’ meglio sull’asporto, ma è chiaro che si tratta di numeri importanti per i nostri ristoranti che sono sempre molto frequentati dai nostri concittadini. I primi segnali sono arrivati già a qualche giorno dalle prime notizie arrivate dalla Cina, poi a fine gennaio è arrivato il calo improvviso e drastico».
Quali sono le preoccupazioni dei clienti?
«Abbiamo tanti clienti affezionati che non hanno smesso di venire al ristorante e non ci fanno mancare il loro supporto. Mi chiedono soprattutto da dove provengono i nostri prodotti e se il nostro personale sia stato nelle scorse settimane in Cina o in contatto con persone proveniente da Wuhan: in entrambi i casi rassicuro tutti perché non c’è alcun pericolo e siamo sempre disponibili a dare tutte le spiegazioni e informazioni su possibili dubbi e preoccupazioni dei clienti».
Qual è l’origine dei prodotti che trattate?
«Per prima cosa è bene ricordare come il contagio non avvenga per via alimentare. Ad ogni modo nessuno dei prodotti dei nostri ristoranti proviene dalla Cina e collaboriamo con fornitori italiani nel rispetto delle più rigorose norme sanitarie. Ciò che arriva da fuori è il salmone, che ha origini norvegesi, il branzino che viene dalla Grecia e i prodotti giapponesi che provengono dal Giappone stesso. Il riso che utilizziamo è di Torino. Quello che produciamo in casa invece – involtini, vari tipi di ravioli, pane cinese – è preparato dai nostri cuochi con prodotti comprati in Italia».
L’altro timore riguarda il personale di origine cinese. Che misure di prevenzione avete adottato?
«I dipendenti dei nostri ristoranti vivono a Segrate e non hanno viaggiato in Cina in questo ultimo periodo. Tuttavia siamo molto rigorosi su questo aspetto, così come tutta la comunità cinese in questo momento così delicato, evitando contatti con chi sia tornato dalla Cina nelle scorse settimane per almeno 14 giorni che è il periodo di incubazione di questo nuovo tipo di influenza. Peraltro è bene anche sottolineare come nessuno dei nostri dipendenti, così come nella quasi totalità dei cinesi in Italia, è originario di Wuhan o della regione dell’Hubei. Inoltre nel lavoro quotidiano ho chiesto procedure di sanificazione e di igiene del ristorante e del personale ancora più accurati e rigorosi del solito».
Come pensa sia stata gestita l’emergenza in Cina?
«Il governo è intervenuto con misure drastiche. Intere metropoli sono state messe sotto sorveglianza sanitaria, parliamo di decine di milioni di abitanti. Credo si stia facendo il possibile per contenere la diffusione del virus e lo dimostrano i numeri dei contagi fuori dalla Cina, che sono estremamente limitati».
Nel 2003 la Sars, l’epidemia scatenata in Cina da un altro tipo di coronavirus, scatenò una psicosi anche in Italia dove i casi furono soltanto 4 e tutti poi guariti. Ci sono delle analogie?
«Il coronavirus appena scoperto sembra essere più contagioso ma la mortalità è molto più bassa, nella Sars arrivava al 10%. Io ero un bambino all’epoca ed ero appena arrivato in Italia, ma so che molte attività cinesi furono costrette a chiudere… stavolta le misure di prevenzione messe in atto in Cina sono state molto forti e speriamo possano contenere l’infezione. La speranza è che il problema si ridimensioni e torni presto la pien fiducia anche verso attività come la nostra che da tanti anni lavora bene a Segrate e si è conquistata con il lavoro l’apprezzamento di tanti clienti. Temo però che gli effetti sull’economia dureranno ancora dei mesi».
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