Il suo incarico era, sulla carta, semplice e veloce: telefonare alle persone poste in quarantena obbligatoria – per tampone positivo o diagnosticati dal medico di base – e controllare che fossero a casa. Sulla carta. Perché poi Gabriella Lo Presti, l’agente della Polizia Locale incaricata di questo compito dall’inizio dell’emergenza coronavirus, si è subito resa conto che dall’altra parte del telefono c’erano persone, famiglie, situazioni che avevano bisogno anche di altro. E non si è tirata indietro. “Ho capito che non andavano controllati, ma accuditi” ci spiega, con poche parole semplici, ma che arrivano allo stomaco.
“Le persone che chiamavo avevano bisogno di conforto, di una parola che li sollevasse, che li distraesse dalla tristezza, dalla paura, dalla solitudine ”. E così il compito di Gabriella si allarga, si espande e abbraccia la vita di tutte queste persone. Che in questi tre mesi di emergenza sono state tante, tantissime. “Sono arrivata a dover chiamare 150 persone al giorno – racconta – ci mettevo anche 6 ore per finire il giro di telefonate”. Perché in ogni telefonata c’è un mondo. C’è il bisogno di conforto e anche tanti bisogni pratici. “Se tutta la famiglia era in quarantena c’era bisogno di qualcuno che facesse la spesa per loro, o che andasse in farmacia, o che portasse fuori il cane… Io mettevo in contatto le famiglie con i servizi sociali che si occupavano di attivare la rete di volontari per aiutarli in tutte queste necessità quotidiane”. Oggi, 5 giugno 2020, la sovrintendente Gabriella telefona ogni giorno a 30 persone, tanti sono ancora i segratesi in isolamento. E alcuni lo sono da tantissimi giorni. “Sì – conferma – ci sono due persone che seguo da oltre 80 giorni. Per loro il percorso è lunghissimo, tra ricoveri e tamponi ancora positivi”.
E ovviamente con persone che senti ogni giorno e di cui conosci i problemi non può che nascere un rapporto speciale, che fa succedere cose speciali, come quella capitata a Pasqua e che oggi ci racconta Gabriella. “Tra le persone che più a lungo sono state in quarantena c’era una mamma che si trovava in isolamento a casa dei nonni – ci racconta. Erano settimane che non vedeva la figlia, nemmeno da lontano perché allora vigeva il limite dei 200 metri e le due case si trovavano a distanze superiori. Beh, allora il giorno di Pasqua abbiamo deciso di farle una sorpresa: siamo andati a prendere la bambina con il furgone della Polizia Locale e l’abbiamo portata sotto casa della mamma. Si sono salutate così: la bambina dalla strada, la mamma sul balcone. È stato un momento davvero emozionante, abbiamo pianto tutti…”. La foto, gentilmente concessa dalla famiglia, testimonia il momento toccante…
Sono tanti gli episodi che Gabriella potrebbe raccontare di questi mesi, ma non lo fa, c’è molta discrezione, pudore e il desiderio di difendere l’intimità di tutte queste famiglie. Oggi che lo “tsunami” sembra alle spalle, tante di loro sono uscite dal tunnel dell’isolamento, ma non hanno dimenticato la voce che li ha accompagnati in quei giorni difficili. “Con tante persone ancora mi sento anche se sono usciti dalla quarantena – racconta con il sorriso. E in tanti mi hanno scritto dopo…” Al comando sono arrivati fiori per Gabriella e tanti biglietti di ringraziamento. In uno si legge: “Grazie, con la sua gentilezza ci ha fatto da angelo custode…”.
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