Fiere, l’allarme del Parco Esposizioni Novegro: «Sbagliato chiudere tutto senza distinzioni»

I padiglioni e la grande area verde del Parco Esposizioni Novegro

Riceviamo e pubblichiamo le lettera di Gabriele Pagliuzzi, architetto, amministratore unico del Parco Esposizioni Novegro, che interviene in merito alla crisi del settore alle prese con le conseguenze della pandemia e gli effetti delle chiusure disposte dai Dpcm, che hanno sospeso dallo scorso febbraio tutte le manifestazioni fieristiche.

Fra i tanti disastri prodotti da questa interminabile pandemia sulla salute della gente, quelli economici riversati in svariati settori della società sono sotto gli occhi di tutti. Si è anche discusso sulla divisione in due della popolazione fra garantiti e non, ma appare sempre più evidente che tutto il corpo sociale è investito da una crisi che cambierà profondamente gli assetti a cui eravamo tradizionalmente abituati e forse non in meglio. In questo scenario le parti in un certo senso più “leggere” degli eventi e del commercio creativo, dell’intrattenimento e della cultura sono stati d’imperio azzerati. Un danno di cui non si è ancora calcolata la portata ma che unito alla drammatica impasse della scuola prefigura per i prossimi anni un oscuro scenario di depauperamento culturale per l’intera collettività.

Gabriele Pagliuzzi, amministratore unico del Parco Esposizioni Novegro

E allora l’imperativo di  sopravvivenza non può essere che quello di cercare di convivere con l’aggressione del virus e la sua diffusione. E’ una responsabilità del Governo ma anche dell’intelligenza e della disciplina morale dei cittadini e delle imprese. Dal primo ci si aspetta razionalità negli interventi che devono rispondere oggi più che mai a principi di equità e giustizia, dai secondi pazienza ma anche volontà di consapevole ripartenza. Il compito degli amministratori è quanto mai delicato ma le direttive devono essere impartite con competenza e non a casaccio, senza entrare nel dettaglio delle situazioni, solo per un generico obbiettivo di dissuasione dalle aggregazioni e dagli assembramenti.

Veniamo al nostro caso, quello delle fiere. La normativa pre-covid ridondante di burocrazia non aiuta, ma proprio questa è l’occasione per fare un minimo di chiarezza. Che senso ha proibire questo genere di attività indistintamente definita fieristica evitando di approfondirne le modalità e le diverse tipologie? Se tutti sanno cos’è un concerto o un ristorante o una discoteca non tutti sono a conoscenza che ci sono fiere e fiere. Ci sono quelle grandi di afflusso molto consistente rivolte al pubblico e quelle più particolari riservate a operatori selezionati. Ci sono quelle al chiuso ma anche quelle all’aperto. Ci sono quelle di settori commerciali di ampio spettro e quelle di nicchia spesso dedicate al collezionismo o a offerte vintage. Prendiamo ad esempio le mostre-mercato con una specifica merceologia. Quale differenza si rivela con la dinamica dei grandi centri commerciali a cui è stata sempre garantita l’attività? Che hanno visto ogni giorno flussi di avventori andare avanti e indietro? Da quasi un anno invece i quartieri espositivi che spesso rappresentano punti di qualità territoriale sono chiusi a rischio di progressiva dismissione. Ma quello che indigna è che le grandi catene di distribuzione e commercio, per non parlare del mare vasto di quelle on-line, si arricchiscono sempre di più mentre i piccoli operatori per i quali la vetrina di una mostra-mercato è l’ancora di salvezza si vedono ristretti in confini di indigenza ed abbandono.

Se non riscatta la scintilla che poi è quella del rischio e dell’impresa, pur con tutte le modalità di sicurezza a cui ormai ci siamo opportunamente abituati, non basteranno tutti i ristori al mondo per riequilibrare una società così lacerata e sbandata, privata dei suoi naturali canali di crescita e autosufficienza economica. Certo, questo non evita la necessità per i quartieri di rinnovarsi e mettersi in sintonia con le nuove impreviste esigenze e tra di loro il Parco Esposizioni Novegro per la sua natura green e i caratteri ambientali è forse il più favorito a farlo, ma ciò non toglie la gravità e l’urgenza delle risposte che tutti ci aspettiamo.

Arch. Gabriele Pagliuzzi

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