Autofficina Rota, dopo 50 anni tra i motori va in pensione lo storico meccanico di Segrate Centro

Autofficina RotaIl meccanico Daniele Rota nell'officina di via Matteotti

Il 31 marzo chiuderà l’attività in via Matteotti: «Tanto affetto dai clienti, ma è ora di staccare. Come sono cambiate le auto? Una volta si riparava, ora si sostituisce…»

Per più di quarant’anni si è preso cura delle auto dei segratesi. E il 31 marzo saluterà i clienti, riporrà gli attrezzi e chiuderà per l’ultima volta le porte dell’officina di via Matteotti per godersi la meritata pensione. «È stata una scelta difficile, ma tanti anni di lavoro si fanno sentire sul fisico e ho deciso di ascoltare mia moglie e le mie figlie che ora potranno vedermi un po’ più spesso…», sorride Daniele Rota, 62 anni e una vita intera tra i motori vivendo i continui cambiamenti di un settore arrivato all’alba di una nuova era, quella dell’auto elettrica. «Noi meccanici di una volta siamo una razza in via di estinzione – scherza Rota – ormai nelle auto c’è sempre più elettronica, tecnologia… in passato la meccanica era appunto la meccanica, oggi ci vogliono attrezzature sempre più complesse e costose. Una volta si apriva il cofano e in qualche modo si tornava a casa, oggi si chiama il carro attrezzi…». 

Gli inizi all’Officina Riboni, poi nel 1993 rilevò quella di via Matteotti

Un’evoluzione che ha visto il meccanico di via Matteotti stare però sempre al passo coi tempi, come certificato dai tantissimi messaggi arrivati negli ultimi giorni quando la notizia della chiusura a fine mese è iniziata a girare. «Sì – dice – con tanti clienti c’è ormai un rapporto di lunga o lunghissima data e mi hanno scritto e chiamato provando anche a farmi cambiare idea… la loro stima è motivo di orgoglio, anche perché quando si lavora in un “paese” la fiducia è fondamentale. Ho fidelizzato i clienti non con gli strumenti del marketing digitale ma nel modo… antico». Soprattutto per chi, come lei, ha lavorato per tutta la sua carriera nella stessa città… «Sono nato a Cascina Ovi inferiore dove mio padre era fattore poi ci siamo trasferiti a Cascina Bruciata in via Miglioli – racconta Rota – non avevo una gran voglia di studiare, così a 15 anni ho iniziato a lavorare come garzone nell’autofficina di Angelo Riboni di via Cellini, di fronte al fontanone. Poi nel 1993 ho rilevato l’officina qui in via Matteotti, pensi che il numero di telefono tuttora attivo è uno dei più vecchi della città, col prefisso 02-2131…».

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Un segratese doc

Un segratese doc, insomma. «Assolutamente, ho vissuto a Paullo qualche anno ma la mia attività è sempre stata a Segrate e poi ho deciso di tornarci anche come residente – spiega Rota – dopo quasi vent’anni da dipendente ho aperto la mia officina nel febbraio 1993 e non mi sono più spostato». Trent’anni esatti, è un caso? «In realtà sì, nulla di pianificato, è scaduto il contratto di affitto e avendo maturato la pensione ho deciso di ritirarmi». Come è cambiato il suo lavoro in tutti questi anni? «Le prime auto su cui ho messo le mani, dato che eravamo un centro autorizzato Alfa Romeo e Fiat, sono state le Alfa Sud, le vecchie 500, 126, 124, parliamo davvero di un altro mondo – racconta Rota – le auto odierne sono sicuramente migliori e più sicure, una volta l’approccio però era diverso, perché si riparava. Avevo una Giulia così vecchia che la carrozzeria era marcita e l’ho fatta riverniciare. Oggi invece si cambia, si sostituisce, è un segno dei tempi». Ha un’auto del cuore? «In realtà no, ho passato così tempo tra le auto che non ne posso più – sorride – certo da ex meccanico Lancia mi è rimasta impressa la mitica Delta Integrale, un vero “mostro”».

Giovani svogliati? No, molti hanno talento e capacità

Si dice che i giovani oggi non hanno più voglia di lavorare, sporcarsi le mani. Che ne pensa? «Ho avuto molti apprendisti – dice  – non si può generalizzare, ho visto ragazzi poco portati per il mestiere, ma anche ragazzi volenterosi e con un grande talento per la meccanica, che poi hanno fatto strada, e che mi hanno insegnato a loro volta qualcosa visto che Internet non è il mio forte». Che ne pensa della transizione all’elettrico? «Penso che non sia tutto così “green” come vogliono farci credere, per la produzione delle batterie servono tonnellate di acqua, senza contare il rischio di dipendenza dalla Cina che si sta accaparrando le materie prime.  Sinceramente non sono convinto che sia la soluzione, vedremo». E ora, dopo più di quarant’anni in officina? «Un po’ di riposo, più tempo con la famiglia e qualche viaggio con mia moglie, un desiderio riposto da tempo nel cassetto…».

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