“Cambiare la scuola si può”, questo il titolo dell’ultimo libro di Daniele Novara ed è il titolo anche dell’incontro che il famoso pedagogista ha tenuto lunedì 3 giugno davanti a un pubblico numeroso e molto attento al Cinema di San Felice. Tanti genitori, insegnanti, nonni non hanno perso l’occasione, davvero eccezionale, di ascoltare per la prima volta a Segrate uno dei più famosi pedagogisti italiani. L’incontro è stato organizzato dalla Parrocchia di San Felice e presentata da Vittorio Sacchi, dirigente dell’Istituto Galbusera. Ma dunque, come si può cambiare la scuola? E per trasformarle in cosa? Novara ha spiegato che la scuola dovrebbe prima di tutto liberarsi delle “pratiche inerziali”, cioè di tutte quelle abitudini che non hanno nessun fondamento educativo. La campanella ad esempio, che mette artificiosamente fine a una lezione, oppure le materie, altro modo artificioso di dividere il sapere in compartimenti stagni o ancora, sopra a tutto, la lezione frontale. Su questo il professore ha proiettato delle immagini che hanno immediatamente reso il senso del discorso mostrando una classe dagli anni 20 ad oggi. Niente è cambiato: gli studenti stanno sempre seduti sui banchi rivolti verso l’insegnante ad ascoltare passivamente. Le uniche novità sono rappresentate dalla LIM che oggi ha preso il posto della lavagna e dai tablet al posto dei quaderni, cambiamenti che però il pedagogista non giudica affatto positivamente.
“È assurdo – ha tuonato – che le uniche linee di finanziamento degli ultimi anni per la scuola abbiano riguardato solo ed esclusivamente la parte digitale. Servirebbe invece investire nella formazione degli insegnanti e sullo stato strutturale dei nostri edifici scolastici”. La scuola che propone Novara si basa sul metodo maieutico contrapposto a quello “del controllo” e dell’apprendimento in cui si misura soltanto lo scarto tra nozioni spiegate e imparate. “Non è possibile che la scuola sia interessata solo a valutare gli errori – ha spiegato Novara – la scuola dovrebbe dare una valutazione evolutiva dello studente, possibilmente, almeno nei primi anni, senza voti”. La scuola “sognata” da Novara è prima di tutto un posto dove i ragazzi dovrebbero essere felici di andare, dove si impara agendo attraverso laboratori ed esperienze, dove l’insegnante è solo il regista di un processo di apprendimento che si sviluppa principalmente tra pari e attraverso le domande e gli errori. Un “sogno” che ha conquistato tutti i presenti, anche grazie alla carica ironica e brillante del professore. Un sogno realizzabile? Secondo Novara sì partendo proprio dai singoli insegnanti “Siamo il Paese con il maggior grado di libertà di insegnamento. Nessuna direttiva impone di tenere i banchi in quel modo o anche solo di ‘fare lezione’. Si può cambiare partendo dalla singola classe senza aspettare che lo faccia tutto il sistema”.
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