Covid, soccorritori in prima linea: «Più casi di marzo, ma pazienti meno gravi»

Una soccorritrice della Misericordia Segrate pronta e attrezzata per una missione Covid

La fatica è tanta, come il numero di interventi, raddoppiati rispetto all’anno scorso. I soccorritori sono di nuovo in prima linea, dentro la trincea scavata per arginare il Covid-19. Da qualche settimana il lavoro è aumentato a dismisura, in termini assoluti è perfino più duro di quello di marzo e aprile, con il lockdown e il picco dell’emergenza coronavirus. «Per quanto riguarda la quantità delle missioni certamente – spiega Stefano Facchetti della Misericordia Segrate – per fortuna non si può dire lo stesso valutando la gravità dei pazienti. All’inizio arrivavano al pronto soccorso in condizioni critiche, ora non è così». Ma questo sollievo porta con sè una zavorra che per i presidi ospedalieri rischia di diventare insostenibile a breve. «Molta gente abusa del pronto soccorso – afferma Facchetti – Il panico li porta a chiamare subito l’ambulanza e vista la procedura di accoglienza in ospedale, con un paziente alla volta e il percorso specifico per i casi Covid, il sistema si satura e si formano le file di mezzi all’esterno».

Da qui l’appello a chi accusa sintomi lievi perché contatti il proprio medico curante o la guardia medica, segua le loro indicazioni e le terapie farmacologiche prescritte e chiami il pronto intervento solo se la situazione dovesse peggiorare o non migliorare. Questa seconda ondata sta mettendo a dura prova volontari e dipendenti della Misericordia Segrate. Dicevamo che il numero di interventi è raddoppiato rispetto al 2019. «E con essi anche i chilometri percorsi e il consumo di materiale – spiega Facchetti – Abbiamo dovuto far fronte a spese mai affrontate ed è stata dura: abbiamo fatto ricorso al crowdfunding e lanciato appelli anche tramite i giornali per ricevere donazioni dai cittadini. E ce l’abbiamo fatta». Poi c’è la fatica dalla quale siamo partiti, un fardello fisico e psicologico che è tornato pesante. «Vista l’emergenza ci chiedono mezzi supplementari e anche a livello orario facciamo turni di 10-12 ore consecutive – racconta Facchetti – Il 118 ci fornisce i dispositivi di protezione, da questo punto di vista siamo tutelati. Siamo consci dei rischi, ma affrontiamo il nostro lavoro con impegno. Mi raccomando: distanziamento e soprattutto mascherine. Se non mi sono contagiato io, vuol dire che questi strumenti funzionano».

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