L’abbraccio di Segrate ai “Ragazzi dell’82”: «Rossi era uno di noi»

Paolo Rossi sul campo di via Primo Maggio a Segrate nel novembre 1982 (Foto Giorgio Passoni)

Gli azzurri campioni del mondo si allenarono sul campo di via Primo Maggio in quella che fu una vera “festa di popolo” e il ricordo di quella tappa in città è vivido. L’ex vigile Angelo Antona: «Lui e Bearzot furono i più disponibili, c’era un’euforia speciale e il bagno di folla fu incredibile»

Ha preso tutti in contropiede, con quel pugno allo stomaco arrivato in piena notte, un addio improvviso. Paolo Rossi, il “Pablito” nazionale, l’eroe di un’estate indimenticabile, se n’è andato. Ha lasciato stordito un Paese intero, perché tutti ricordano perfettamente quell’11 luglio 1982: un giorno speciale, l’apoteosi azzurra. Segrate, poi, ha i suoi ricordi, ulteriori e vividi.

Era il mese di novembre di quell’anno, sabato 13 la Nazionale era attesa a San Siro per la prima gara delle qualificazioni al successivo Europeo, avversario la Cecoslovacchia. La Federazione e il cittì Bearzot scelsero il campo di via Primo Maggio per preparare la sfida. «Era stato rimesso a nuovo da poco – ricorda l’ex vigile (in seguito più volte eletto consigliere comunale) Angelo Antona – il manto erboso non aveva nulla da invidiare a quello del Meazza, anzi. Gli azzurri alloggiavano al Jolly Hotel di Milano 2 e per tre o quattro giorni si allenarono qui a Segrate». Un evento epocale, l’occasione per un abbraccio collettivo agli eroi del Mundial. «Fu una festa di popolo – prosegue Antona – noi da un certo punto di vista siamo stati privilegiati perché dovendo occuparci del servizio d’ordine al campo abbiamo avuto l’occasione di farci scattare svariate foto con loro. E ricordo che Rossi, insieme a Bearzot, era tra i più disponibili». Un tratto di Pablito che tutti, in queste ore, hanno sottolineato. Una semplicità genuina, una modestia per nulla falsa che lo portava a replicare con un «ho avuto la fortuna di essere lì, ho fatto il mio» a coloro che gli ricordavano che alla fine un tono aveva pure il diritto di darselo visto che era Paolo Rossi, l’eroe del 1982. Un sorriso per tutti, senza pesare nessuno, senza creare distanze anzi accorciandole il più possibile. E Segrate se ne accorse a epopea ancora fresca, cercando di toccarlo quel mito che tanto assomigliava a uno di famiglia, che poco si discostava da tutti loro, con il suo fisico del tutto comune, senza muscoli fuori taglia. «C’era un clima di euforia – ammette ancora Antona – nessuno di noi vigili aveva il coraggio di redarguire chi provava ad avvicinarsi troppo. Forse non siamo stati irreprensibili neppure noi, ma ribadisco che quei giorni furono speciali».

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Giorgio Passoni lavorava all’Ibm in quel 1982, ma la passione per la fotografia l’aveva portato a collaborare con lo storico giornale cittadino. «Mi presi un giorno di ferie – sorride – e seguii gli azzurri dalla mattina al tardo pomeriggio». Tanti scatti, sia in bianco e nero che a colori. «Poche fotografie in posa – spiega Passoni – il più delle volte ho cercato di cogliere attimi estemporanei di quella visita. Ricordo l’emozione, certo». La sua e quella di quel popolo in pellegrinaggio verso l’attuale Pastrengo, chi per provare a sgattaiolare all’interno, chi avendo solo un minuto per passarci davanti e sperare che il pullman arrivasse proprio in quell’istante e poter assistere alla passerella degli eroi. Paolo Rossi lascia una scia luminosa, fatta di quei ricordi che si ammassano adesso e restano sospesi. Tanti segratesi ne hanno uno tutto loro, che non c’entra con la televisione o con l’estate spagnola. Tanti segratesi hanno visto “Pablito”, dal vivo, da vicino o quasi, hanno comunque avvertito una vicinanza suplementare. E adesso che manca già, ora che non è riuscito a dribblare il destino, appoggiare la nostalgia su quella balaustra di ricordi propri è quasi consolatorio. Anche se Rossi è stato di tutti, in un modo o in un altro, tra un sorriso e un urlo che non aveva nulla di feroce, era gioia pura, stupore di un ragazzo come gli altri che come gli altri non era. E ha illuminato anche Segrate per tre o quattro giorni. Per la cronaca, con la Cecoslovaccia finì 2-2, segnò Altobelli e l’altra fu un’autorete. Rossi rimase a secco, ma aveva già dato. Eccome.

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