Irwin, quando l’arte è sui muri. Le sue “tele” anche a Segrate

Una delle opere dello Street Artist segratese sul muro del Centroparco

l suo nome è Irwin, ed è tutto quello che vuole che si sappia di lui. Non ci dice l’età… «Serve?». Ci chiede di non pubblicare il suo nome anagrafico e nemmeno sue foto, che peraltro non ci sono da nessuna parte. «Parlano i miei lavori». Che sono tanti, sono ovunque, anche se forse non sempre, non tutti, sanno che sono suoi. Irwin è uno street artist, o un writer, «sono un po’ entrambe le cose»; un artista noto a livello internazionale, per cui le tele sono i muri della città. Muri di Milano, Firenze, Berlino, muri dei lungolinea ferroviari, muri che corrono lungo le strade e molti muri di Segrate, dove è nato e vive tuttora, dopo diversi anni passati all’estero.

«Ho iniziato qui, con un gruppo di amici, sul muro del Centroparco (quello che delimita il campo sportivo, ndr) e su quello in via Ligabue, alle spalle del Comune (muro perimetrale dell’oratorio, ndr) – racconta – Sono muri su cui invito a disegnare anche ragazzini che vogliono cimentarsi con quest’arte e sui quali sperimentiamo». Disegni, scritte, graffiti, murales, tag: un mondo misterioso per molti, a tratti affascinante, comunque con una storia da raccontare.

«I graffiti nascono negli Stati Uniti 50 anni fa – ci spiega Irwin, che è diplomato all’Accademia di Belle Arti di Firenze – come branca dell’hip hop. Nascono come firme sui muri, come espressione artistica di strada, di chi vuole lasciare il proprio segno senza avere nulla con cui farlo nella vita. Scritte che evolvono in un lettering sempre più sofisticato, le famose ‘tag’, indecifrabili per molte persone, non per noi».

E che differenza c’è con la street art?

«La street art è una definizione più recente e comprende tante forme d’arte, non per forza pittura, anche installazioni ad esempio».

Tu come ti definisci?

«Sono un artista, anche se questa “categoria” pare non esistere nel nostro Paese. Non puoi dirlo se devi aprire un mutuo in banca, ad esempio. Se dici che sei un artista ti rispondono “Ok, ma qual è il tuo vero lavoro?”. Comunque non mi interessa, io proseguo per la mia strada, con il mio… vero lavoro, che è disegnare».

Riesci a vivere della tua arte?

«Realizzo opere anche su commissione, per i privati e per le amministrazioni pubbliche. Ad esempio ho realizzato le Isole Metropolitane sui piloni della tangenziale a Rubattino, oppure a Segrate i disegni di cartoni animati sul muro di cinta dell’asilo in via 25 Aprile».

Tra i suoi ultimi interventi c’è anche la casetta realizzata con i Ragazzi di Robin in via degli Alpini, il dipinto di un prato fiorito e di un cielo terso ha cambiato faccia a un piccolo edificio che versava in una condizione di degrado. «È stato molto bello lavorare con loro e mi piace molto il risultato!»

In questo caso la pittura ha coperto scritte, non certo artistiche, che deturpavano l’edificio. Che cosa ne pensi di queste scritte, magari su monumenti o case private, considerate vandalismo?

«Capisco benissimo che diano fastidio, ma secondo me dovrebbero essere inserite in un contesto più generale. A volte mi pare che se la prendano solo con la scritta senza capire tutto il mondo che ci può essere dietro».

C’è un filo sottile, tra legale e illegale, su cui operano i writer e non è facile entrare in questo terreno. Di sicuro però negli ultimi anni la street art ha guadagnato sempre più spazio e riconoscimento nelle città, tanto che interi quartieri, come l’Ortica a Milano, hanno puntato su giganteschi murales per rivitalizzare e riqualificare la zona. E lanciare messaggi. Come fa anche Irwin, con i suoi enormi animali inseriti nell’architettura urbana. «Mi piace disegnare animali perché credo siano più facili da capire, possono colpire l’immaginazione di più persone. E mi piace che siano animali decontestualizzati, come il coccodrillo sotto un cavalcavia». Coccodrilli, cervi, galline, tigri, cani e non solo. Da qualche settimana entrando al Bar del Circolino, in via Grandi, si resta ipnotizzati da un vortice multicolore che occupa un’intera parete. È una delle sue ultime opere, di grande impatto. «Le ho immaginate come fiamme – spiega – che vorticano lentamente nello spazio». Non serve capire, a volte basta solo saper apprezzare.

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