La famiglia del giovane motociclista, vittima cinque mesi fa di un incidente stradale, sta cercando uno spazio per creare un’officina dedicata alle due ruote.
La moto era tutto per Andrea. È stato il primo brivido, la passione più grande, il sogno da rincorrere, l’ultimo viaggio. Se n’è andato cinque mesi fa, Andrea Oliva, segratese 22enne, e lo ha fatto in sella alla sua moto da cross. Manca tutto di lui, ma è tanto, tantissimo, anche ciò che resta. Il ricordo vivo di chi lo ha amato, le tracce che ha lasciato in coloro che con lui hanno condiviso quell’amore grande per le due ruote e per il rombo del motore. E allora ecco che mamma Lidia, insieme alla sorella Giorgia e alla fidanzata Marica, sta cercando il modo giusto per ricordare Andrea. Sulla scorta dell’esempio della Ciclostazione segratese, l’idea è quella di reperire uno spazio, magari un capannone abbandonato o sfitto, nel quale creare una “motofficina” da affidare ai ragazzi con i quali Andrea era solito ritrovarsi nei week-end a Liscate per occuparsi dei propri bolidi. «Lui aveva spesso il problema di dover chiedere a suo padre di spostare l’auto dal box per poter lavorare sulla sua moto – spiega la madre, Lidia Rella – e credo che sia un bisogno comune a tanti ragazzi. Stiamo cercando uno spazio a Liscate perché era il suo posto, ma siamo disponibili a spostarci a Segrate o altrove. Stiamo distribuendo un volantino alle ditte della zona industriale chiedendo la disponibilità di un capannone, anche da sistemare e pagando un affitto modico».
Perché quei ragazzi per Andrea erano un’altra famiglia e ci sono sempre stati, ci sono ancora. «Restano vicini a noi – racconta Lidia – sono formidabili. Stanno organizzando raduni in ricordo di mio figlio, hanno scritto una canzone per lui e hanno girato un video. Lo tengono vivo nel ricordo». A Liscate Andrea è arrivato per caso, quando uno dei suoi futuri amici centauri lo ha avvicinato e gli ha detto di seguirlo fin lì. Ma la passione è antica, innata. «Quando era ancora nel passeggino mi chiedeva di fermarmi quando passavamo accanto a una moto – ricorda la mamma – restavamo lì fino a quando non accendeva il motore… Gli abbiamo comprato una minimoto, ma per quella vera gli abbiamo detto che avrebbe dovuto pensarci lui. E così ha fatto. Si è diplomato e poi ha iniziato a lavorare e a risparmiare per acquistare la sua prima moto da cross». Lidia Rella vorrebbe costituire una onlus dedicata ad Andrea, ci sta lavorando. La “motofficina” è un punto di partenza, insomma, verso un progetto che crei un centro di aggregazione giovanile legato alle due ruote. Perché Andrea e la moto erano e sono una cosa sola, anche nel dolore questo assioma regge e si conferma. E non è fatalismo, neppure coraggio; è solo un dato di fatto. Che lascia un groppo in gola e lo scioglie al tempo stesso, racconta una vita che manca e mancando resta.
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