Sono ripartite le scuole e la prima preoccupazione, per ogni genitore, è che la temperatura al mattino non superi i fatidici 37,5° o che non arrivi dalla scuola la temuta telefonata per “andare a riprendersi il bambino”. Perché a quel punto non si sa bene cosa può succedere. E il panico è dietro l’angolo.
A tranquillizzare gli animi e spiegare cosa dicono le norme (consultabili qui, nella sezione dedicata di ATS) ci pensa una delle tre pediatre “di base” segratesi: Cristina Besana, arrivata l’anno scorso nello studio di via Cassanese 200, al fianco delle “storiche” dottoresse Toscani e Caprara, nel centro medico a cui afferiscono i segratesi da 0 a 14 anni.
“Quello che mi preme – esordisce – è lanciare un appello a tutti i genitori: fate quello che avete sempre fatto, usate il vostro buon senso. Ogni genitore sa riconoscere segni di malessere nel proprio bambino e sa capire se sono segnali che vanno approfonditi – spiega la Besana. Ci vuole corresponsabilità tra medici e famiglie per affrontare questo periodo con serenità e la giusta attenzione”. Corresponsabilità: una parola molto usata in questi giorni, anche dalla scuola che ha chiesto ad ogni famiglia e ad ogni bambino di firmare un patto in cui ci si impegna a rispettare le nuove misure di sicurezza, dentro e fuori dalle aule. E una parola che usa anche la pediatra, per far capire che mai come in questo periodo è necessaria una “triangolazione” tra genitori, medici e insegnanti. Al centro ci sono loro, i bambini, “osservati speciali”, ma senza carichi di ansia. “Occorre che le mamme facciano esattamente come hanno sempre fatto – ribadisce la pediatra. Non ci si deve far prendere dal panico ad ogni naso che cola o lineetta di febbre. Quello che è importante però è che si tuteli la comunità, isolando il bambino se presenta sintomi”.
Quindi se il bambino si sveglia con la febbre, il naso che cola o la tosse cosa bisogna fare?
“Aspettare e fare quello che si è sempre fatto: tenere il bambino a casa da scuola, curarlo come si è sempre fatto, osservarlo, almeno per 24, 48 ore. Dopo di che se i sintomi persistono o si nota un peggioramento occorre chiamare la pediatra che valuterà cosa è meglio fare. Se necessario il bambino sarà indirizzato a fare un tampone, gratuito, nei “punti tampone” ora resi disponibili dalla Regione (qui l’elenco con tutti i centri del milanese)”.
Se dopo due o tre giorni il bambino sta meglio si può rimandare a scuola?
“Sì, se il bambino non ha più sintomi respiratori o febbre può rientrare in comunità e non serve alcuna certificazione. Al limite la scuola chiederà motivo dell’assenza, la classica giustificazione insomma”.
E se invece è la scuola a chiamare il genitore perché il bambino presenta sintomi cosa si deve fare?
“In questo caso le nuove norme sono chiare: è obbligatorio portare il bambino a fare il tampone. Se infatti l’alunno viene allontanato dalla comunità (scuola o asilo), anche se in presenza di sintomi molto blandi, bisogna andare in un punto prelievo ad effettuare il test, presentando l’autocertificazione timbrata dalla scuola. È importante perché è l’unico modo per prevenire focolai”.
Ma una volta fatto il tampone in quanto tempo si hanno i risultati?
“Al momento si riesce ad avere in 24/48 ore, si spera che riescano a garantire questi tempi anche quando aumenteranno le richieste. Quello che però consiglio a tutti i genitori fin d’ora è di attivare il fascicolo sanitario elettronico (qui le procedure) perché è lì che per primo viene caricato il risultato, solo dopo viene comunicato al pediatra o medico di base”.
Mentre si aspetta di avere esito tampone deve restare in quarantena tutta la famiglia?
“No, dai nuovi protocolli operativi, i famigliari non devono più stare in isolamento in attesa dell’esito del tampone e nemmeno i compagni di scuola”.
Una volta ricevuto esito cosa si deve fare?
“Se l’esito è negativo il bambino rientra a scuola con l’attestazione di negatività, se è positivo sarà ATS a richiamare i contatti stretti e porli in isolamento fiduciario per 14 giorni al termine dei quali dovranno sottoporsi a tampone”.
Come può una mamma capire se i sintomi del proprio bambino sono o meno segnali di Covid?
“I sintomi dell’infezione da Covid sono in molti casi sovrapponibili a quelli parainfluenzali, anche un semplice raffreddore può essere Covid. Ma questo non deve spaventare, i bambini sani che si infettano non hanno particolari problemi, quello che è importante, lo ribadisco, è tenere a casa il minore”.
Dal suo osservatorio ha visto casi gravi Covid in questi mesi nei bambini?
“No, nessuno, e nemmeno ho avuto segnalazioni dalle mie colleghe. Tenga conto che siamo in tre pediatre nello studio di via Cassanese 200 e abbiamo in carico oltre 2.500 minori”.
Ha mandato molti piccoli pazienti a fare il tampone in questi mesi? Ha avuto molti positivi?
“Sì, ne ho mandati molti, ma positivo un solo bambino, asintomatico, che ha dovuto fare il tampone per sottoporsi a un intervento”.
Ci sono sintomi che non fanno senz’altro pensare ad una infezione da Covid?
“Non è Covid l’otite, o la faringo-tonsillite con placche, o l’infiammazione delle vie urinarie. Tutte malattie molto frequenti nei bambini e che spesso si accompagnano a febbre anche alta”.
Nello studio di via Cassanese ricevete tutte e 3 solo su appuntamento e rispondete solo in un particolare orario telefonico (di solito in una fascia di due ore). Ma se una mamma ha necessità di contattarvi in altro orario come fa?
“Per le visite è necessario oltre che obbligatorio effettuarle su appuntamento per evitare assembramenti in sala di attesa. E per contattarci, guardi, il mio cellulare di solito è acceso tutto il giorno e anche le mie colleghe sono molto più disponibili in questo periodo”.
Come vede la stagione che sta per arrivare per i nostri bambini?
“Se seguiremo le norme igieniche e di isolamento nei casi sospetti sarà un inverno come tutti gli altri, solo con qualche tampone in più”.
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