Ora sogna solo di andare al mare Raimonda Barbuto, 44 anni, 86 giorni passati dentro una stanza in attesa che se ne andasse quel maledetto virus. Raimonda detiene, con una famiglia segratese, il “primato” della quarantena più lunga in città.
Tutto per lei è iniziato il 15 marzo. La febbre che non scendeva, i sintomi respiratori che ormai conosciamo tutti molto bene e la corsa al pronto soccorso dell’Istituto Clinico Città Studi. Polmonite, primo tampone negativo, poi positivo, ricovero nel reparto Covid. Raimonda resta in ospedale fino ai primi di aprile quando finalmente può tornare a casa, ma in isolamento, dato che la diagnosi al Coronavirus è ancora positiva.
“Lì è iniziata la mia prigionia… – ci racconta con la voce rotta, un po’ dall’emozione e un po’ dalla difficoltà respiratoria che ancora persiste. Ho deciso di trasferirmi dai miei perché avevo la possibilità di stare in una stanza con bagno separata da tutti, e mi sono chiusa lì dentro, senza uscire mai, con mia madre che mi passava il vassoio del cibo dalla porta, proprio come una carcerata…”. Resta lì per 3 mesi, da aprile a giugno. Senza mai uscire, senza mai incontrare il marito e le figlie di 9 e 17 anni. Nemmeno dalla finestra perché nel frattempo sono entrare in vigore norme più severe e le due case sono a una distanza superiore ai 300 metri consentiti.
“È stata durissima, molta sofferenza e fatica da parte di tutti. Ma, lo dico con sincerità, è stata anche un’opportunità – cambia tono Raimonda, nella sua voce c’è una luce, quella di chi è riuscito a trovare un senso. Abbiamo avuto la possibilità di rivedere tutto dentro la famiglia. Io ad esempio ho capito di non essere indispensabile, come spesso noi mamme tendiamo a immaginarci… E poi ho scoperto che le mie figlie hanno risorse che non avrei mai pensato, hanno davvero tirato fuori una energia e capacità di adattamento incredibili”.
Arriva Pasqua, siamo in pieno lockdown, e Raimonda è come sempre da sola nella sua stanza. Sente un clacson, qualcuno la chiama. Guarda dalla finestra e vede la figlia, la piccola è lì nel giardino. Dietro di lei una camionetta della Polizia Municipale: sono stati loro a portarla qui, per regalare almeno oggi un sorriso a questa famiglia (qui abbiamo raccontato la vicenda dal punto di vista dell’agente che ha organizzato tutto). Piangono tutti: Raimonda, la bambina, gli agenti. Lacrime di gioia, di speranza.
Passano giorni, settimane, i tamponi si susseguono ma sono sempre positivi. In tutto Raimonda ne farà otto. Il settimo finalmente è negativo, ma serve un secondo di conferma per regalarle la libertà. Lo fissano il 25 giugno, proprio il giorno del suo 44esimo compleanno. Il lockdown è finito. Raimonda lo festeggia in giardino, ma sempre con mascherina e guanti, a distanza di sicurezza da tutti. “Ero terrorizzata di poter essere un pericolo per gli altri – ci confida. Soprattutto perché con i miei genitori abita anche mia nonna di 91 anni, non potevo permettermi di diffondere il virus in casa”.
Due giorni dopo arriva il più bel regalo di compleanno di sempre: anche il secondo tampone è negativo. Raimonda è libera. Il 27 giugno esce di casa senza protezioni e abbraccia le figlie, il marito, i genitori. “Mi hanno detto che vedermi finalmente scendere le scale di casa senza guanti e mascherina è stata l’emozione più bella di tutte, una liberazione”.
Ora Raimonda è tornata nella sua casa, si sente ancora debole, e qualche volta le manca il respiro, ma sta migliorando e vuole pensare al futuro: “Dopo che avrò fatto gli ultimi esami mi piacerebbe tanto andare un po’ al mare – ci confida – quanto l’ho sognato in questi mesi… Come il verde, i prati, la natura… La prima cosa che ho fatto quando sono uscita è stata proprio camminare sotto gli alberi, ne ho anche abbracciato uno!”. Gli abbracci, quelli sono la cosa che è mancata di più a Raimonda. “Sono la cosa più bella di tutte… E non vedo l’ora si possa ritornare ad abbracciarci tutti liberamente, senza avere più paura”
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