A Segrate si è passati dalle 3mila prestazioni specialistiche del 2019 alle 838 del 2022, spiega il Coordinamento per il Diritto alla Salute Martesana
I numeri saranno pure freddi, ma spesso sono capaci di scattare la foto più nitida. Specie quando sono certificati e quindi innegabili. Come quelli che Luca Bertagna, del Coordinamento per il Diritto alla Salute Melegnano Martesana, ha voluto condividere. Raccontano tutto e arrivano da un portale che la stessa Ats Milano ha voluto creare un paio di anni fa per monitorare lo… stato di salute della sanità locale.
Bene, il resoconto è presto fatto: i poliambulatori erano cinque e ora sono quattro (Vimodrone ha chiuso i battenti nel 2018, ndr); a Segrate dal 2015 al 2019 la media annua di prestazioni specialistiche è stata di circa 3mila, nel 2022 sono state 838. Nel complesso del Distretto Bassa Martesana-Paullese che consta di 53 comuni e circa 146mila cittadini, i dati sono dello stesso tenore: siamo a un terzo rispetto a dieci anni fa.
«È evidente come si registri una contrazione importante dei volumi di prestazioni garantiti – spiega Bertagna – tra l’altro con un contestuale aumento sostanziale, dal 60% al 75% circa, di ciò che è erogato dal privato». Una crisi conclamata, quella della sanità territoriale, che ha diverse motivazioni. «Scontiamo certamente la mancanza di personale – afferma Bertagna – che è chiaramente un tema più nazionale che regionale, ma la Asst Melegnano Martesana è penalizzata rispetto ad altre realtà paragonabili. E questo perché siamo poco attrattivi, facciamo bandi ai quali si presentano in pochi e chi li vince poi va altrove appena può. Non c’è nessuna strategia di rilancio, anche in virtù di vertici che cambiano ogni anno o poco più».
E poi c’è una questione di approccio rispetto a quelle Case di Comunità che per il Coordinamento per il Diritto alla Salute Martesana possono rappresentare una svolta vera solo a fronte di una concezione diversa da quella impostata da Regione Lombardia. «Tirare su nuove mura non è sufficiente – dice Bertagna – e non è solo il fatto che rischino di restare gusci vuoti se non ci sono medici e infermieri. La Regione concepisce le Case di Comunità come poliambulatori rafforzati, ragiona sull’erogazione di prestazioni più che sulla capacità di dare risposta ai bisogni. A Cernusco sul Naviglio la Casa di Comunità l’hanno prevista all’interno dell’ospedale: un controsenso rispetto al rilancio di una sanità territoriale. E poi, al netto dei dati assoluti, ci sono anche quelli relativi al valore delle prestazioni erogate dal pubblico: il calo è anche maggiore, con quelle più remunerative e meglio rimborsate che sono appannaggio del privato».
Da qui nascono anche problemi di bilancio delle Asst, in primis quella alla quale fa riferimento Segrate. E secondo Bertagna qualcosa in più dovrebbero fare i sindaci del territorio, che dovrebbero farsi sentire. «Fare pressioni, porre domande ad esempio rispetto al futuro dei poliambulatori che non diventeranno Case di Comunità – spiega – noi abbiamo raggiunto i primi cittadini a Pioltello, dove si è svolta una riunione tra le realtà del Distretto, e abbiamo sottoposto loro un documento inoltrato alla Asst che aveva come tema le liste d’attesa. Ma c’è di più. C’è il fatto che il nostro Distretto è il più popoloso ed è l’unico a non prevedere un Ospedale di Comunità, quando dovrebbe averlo per legge. I sindaci, specie quelli di Centrosinistra, dovrebbero richiederlo».
E Segrate? Avrà la sua Casa di Comunità. «Sì, ma dopo un anno e mezzo di lavori che costeranno più di 5 milioni di euro del PNRR – sottolinea Bertagna – e se non cambia l’approccio di cui parlavamo, finiremo per avere una struttura sì più bella e moderna ma di fatto identica dal punto di vista delle attività sanitarie offerte».
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