I due ragazzi autistici hanno realizzato il sogno di partecipare e completare i 42 km della maratona di New York
Dal Ponte di Verrazzano a Central Park, 42 chilometri e spicci fatti di asfalto che scorre sotto i piedi, di emozioni forti, di momenti duri, di sogni realizzati. Jacopo e Francesco li hanno percorsi insieme, anche quando si sono allontanati, quando il loro passo non è stato più lo stesso.
Erano insieme comunque, perché loro due questa impresa l’hanno condivisa in un modo che gli altri non conoscono. Giornate ad allenarsi, a preparare quella maratona mitica, uno accanto all’altro per un anno e mezzo, quattro volte a settimana o giù di lì: Francesco a coltivare il suo sogno, Jacopo che quando è stato scelto come compagno di avventura non ha esitato a dire «cì, cì», il suo “sì”. È iniziata così, è finita a sole ormai spento all’altezza della 66ª strada, nella domenica più bella.
«La città ti circonda, la gente ti incita – racconta Francesco Salerno – e io mi sentivo parte di quella magia. C’è stato un momento in cui ho pensato di non farcela, ma Manuela e Paolo (i suoi accompagnatori, ndr) erano lì vicino a me. E poi c’era Jacopo. Accanto a lui mi sentivo più forte, come se insieme potessimo affrontare qualsiasi cosa».
New York e le sue luci, una frenesia che stranisce, un cuore che pulsa per quel popolo che corre. New York che il giorno dopo si è inchinata davanti a chi portava la medaglia al collo, come fa ogni anno. «Perché la maratona è un evento culturale, una festa – spiega Melania Bergamaschi, la mamma di Jacopo Munegato – e per mio figlio quella medaglia ha un valore diverso, la porta con un orgoglio che non riesce a spiegare ma che mostra chiaramente. Credo che questa impresa sia stata la dimostrazione che “disabilità” non è una parola definitiva; un messaggio da recapitare alle famiglie di ragazzi autistici, quello di non arrendersi».
Un viaggio che è stato denso a dir poco, convulso a volte, faticoso di sicuro. Un viaggio che è stato loro, certo, ma anche di chi li ha accompagnati col pensiero e non soltanto. I Ragazzi di Robin, dei quali Jacopo fa parte, hanno voluto condividere il suo sforzo a distanza, con una camminata a bordo lago qui a Segrate proprio in concomitanza della partenza newyorkese. Un evento al quale ha preso parte anche un gruppo di cittadini, con tanto di pettorale dedicato a Frank e Jaki. Un modo per sostenerli, un abbraccio che ha solcato l’oceano ed è arrivato a destinazione. «Ringrazio chi li ha seguiti scaricando la app che li geolocalizzava sul tracciato – dice Bergamaschi – e ringrazio mio figlio che non finisce mai di stupirmi e mi fa avere fiducia in questo mondo, nonostante tutto e tutti».
L’autismo che sbiadisce e un po’ si arrende, mentre Francesco viaggia a ritmi difficili da tenere per molti e chiude in quattro ore e mezza; mentre Jacopo taglia il traguardo con il tricolore sulle spalle dopo oltre sei ore di coraggio e tenacia. Una lezione per tutti, una sfida vinta per loro due. Vinta insieme, sostenendosi a modo loro, completandosi. Parole e sguardi, sorrisi e lacrime. New York è stata loro per un giorno, ma lo sarà per sempre.
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