Lavanderie: la storia di un quartiere e del suo… profumo in un libro

Uno scorcio di via Borioli negli anni '40

Via Borioli che profumava di candeggina. Via Borioli che sapeva di buono, di pulito. È tutta lì, nelle pagine di un libro che la racconta, con quel tocco di nostalgia e romanticismo, attraversando due decenni di vita italiana, passando in rassegna «un mondo che non c’è più», partendo da quel profumo che avvolgeva tutto.

Il romanzo “Via Borioli 18” verrà presentato domani, giovedì 11 aprile, alle 18.00 nell’Auditorium di Cascina Ovi.

Scritto a sei mani, per così dire. «Sì – spiega Cristina Colli, una delle autrici – l’idea è nata da un’urgenza, per così dire, di mia madre, Armida Pomè. Voleva raccogliere i ricordi di mia nonna e fissarli prima che sbiadissero, prima che l’età li stingesse del tutto». Lavanderie come scenario; due famiglie, distanti e vicine al tempo stesso, una di lavandai appunto e l’altra pioniera dell’industria della seta, protagoniste delle vicende, a cavallo tra la realtà e la finzione letteraria. Domenico al centro della trama, lui che insieme a nonna Carla è stato l’anima del quartiere, baricentro della vita tra quelle strade e quel mondo antico. «In effetti – dice Cristina Colli – il quartiere, a livello morfologico, non si è modificato radicalmente: via Redecesio,via Borioli e via Radaelli sono ancora lì. Certo, la cascina non c’è più, di palazzi nuovi ce ne sono parecchi, ma quelle tre parallele restano il fulcro di Lavanderie, anche se quel profumo non c’è più». Resta solo l’azienda dei Borromeo, quella più grande, ora all’angolo tra via Redecesio e la… nuova via Sibilla Aleramo. È un’altra fragranza, però, meno avvolgente, più industriale rispetto a quella che si alzava dai tanti piccoli laboratori. «In quegli anni erano ville in stile Liberty, ma anche oggi le case su via Borioli hanno tutte un giardino se ci fate caso – spiega l’autrice – lì si stendevano i panni. Mi ricordo che da piccola, quando venivo a trovare i nonni, mi sdraiavo sull’erba e da lì guardavo gli aerei passare, tra le lenzuola mosse dal vento».

In copertina c’è zia Armida, dalla quale la mamma di Cristina ha ereditato il nome, la sorella prediletta di nonno Domenico. Se lui è stato quello che organizzava serate, eventi, vita assortita in quel di Lavanderie, nonostante le 15 ore buone di lavoro in lavanderia, Armida era una… mosca bianca della famiglia: riflessiva, seria, dolce. «Scrivendo di lei la mia penna e quella di mia madre viaggiavano spedite e commosse», confessa Cristina Colli. E nel mezzo di quelle pagine c’è l’Italia, ci sono i campi di concentramento di quella dannata guerra, ci sono anni di buio e di luci quasi abbaglianti durante il boom. «Credo che in tanti si ritrovino in questo romanzo – chiosa l’autrice – Parliamo di istituzioni: la Tullia o la parrucchiera». È un tuffo in un passato che ha lasciato gocce di nostalgia, poco da fare. E di profumo

Questo slideshow richiede JavaScript.

Be the first to comment on "Lavanderie: la storia di un quartiere e del suo… profumo in un libro"

Rispondi