In città due “Pietre d’Inciampo” per i deportati segratesi

Alcune Pietre d'Inciampo poste in una strada romana a ricordo di vittime dei campi di sterminio (foto web)

“Questa sera a nome di tutta l’amministrazione comunale comunico che è nostra intenzione posare due Pietre d’Inciampo: una per il nostro cittadino benemerito Quinto Calloni, che in vita fu instancabile testimone dell’orrore dei campi di sterminio svolgendo un lavoro preziosissimo nelle scuole, e una per Pompea Nuzzolese che nel 2015 ha già ricevuto postuma la medaglia d’onore del Presidente della Repubblica».

Queste le parole pronunciate dal sindaco Paolo Micheli in occasione del Giorno della Memoria, il 27 gennaio. Un annuncio a sorpresa che si è inserito nella cornice dell’evento musicale organizzato per la celebrazione internazionale in ricordo delle vittime dell’Olocausto

La “Pietra d’Inciampo” è un piccolo blocco quadrato di pietra (10×10 cm), ricoperto di ottone lucente, posto davanti la porta della casa nella quale ebbe ultima residenza un deportato nei campi di sterminio nazisti.

La targa ne ricorda il nome, l’anno di nascita, il giorno e il luogo di deportazione, la data della morte. In Europa ne sono state installate già oltre 70.000. A Milano ne sono già state poste 90 (qui la mappa).«Autore di queste pietre – ha spiegato il Sindaco – è l’artista tedesco Gunter Demnig che ne ha realizzate migliaia distribuite per tutta l’Europa. Su queste piccole targhe non sono mancati gli atti di vandalismo, ma tutto ciò non ferma chi lavora per la memoria. A Milano nell’ultimo mese ne sono state posate ben 28, due nella vicina Cernusco». Anche Segrate avrà quindi le sue “pietre d’inciampo” dedicate a due reduci dei campi di sterminio.

DUE STORIE INCREDIBILI

Quinto Calloni venne prima deportato a Mauthausen nel 1944, e poi a Ebensee. Dopo la liberazione si allontana dal campo a piedi, per il forte desiderio di tornare subito a casa. Dopo varie vicissitudini si stabilì a Segrate, era il 1956. Morì nel 2013. Pompea Nuzzolese – scomparsa nel 1995 – invece fu arrestata non in quanto ebrea, ma per una storia che ha dell’incredibile: durante una gita a Gorizia nell’ottobre 1944, una di quelle gite che il regime organizzava in patria per i coloni, venne fermata per un controllo da ufficiali nazisti e immediatamente tratta in arresto. La sua conoscenza delle lingue – ne parlava sei tra cui il tedesco – furono la prova del suo essere una “spia”. La matricola tatuata sul braccio la portò per sempre, era la 89044. 

IL CORO DI “TUTTE LE VOCI”

Durante la serata di lunedì 27 gennaio al Centro Verdi il coro della Comunità Ebraica milanese “Kol Hakolot”, diretto dalla giovane Erica Nicchio – che è anche una matematica, oltre che violinista e pianista – ha eseguito pezzi tradizionali in lingua ebraica, yiddish e ladina, combinando insieme note malinconiche e tristi a canti pieni di allegria e di speranza che hanno fatto battere le mani a tempo di musica a tutti i presenti. Il concerto è stato inframezzato dalla testimonianza di Silvia Wachsberger, figlia di deportati che con il suo racconto ha tracciato i confini dell’inferno terrestre che furono i campi di sterminio. «Questa è una delle serate più importanti di tutta la nostra programmazione annuale. Ringraziamo il coro Col Hakolot, che in ebraico vuol dire “tutte le voci”, per essere qui, perché abbiamo bisogno davvero di tutte le voci per costruire una pace duratura» così si è espresso Gianluca Poldi, assessore alla cultura. E davvero ce ne è ancora bisogno oggi, nel 2020. È notizia del 24 gennaio il ritrovamento a Mondovì della scritta “Juden Hier” (qui vive un ebreo) sulla porta di casa del figlio di uno dei perseguitati dal fascismo. Una prova in più che il germe nazifascista è tutt’altro che debellato e che il lavoro culturale per sconfiggerlo non è ancora stato concluso. 

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