Ucraina, la staffetta solidale dei volontari segratesi. «Tutto iniziato da un volantino…»

Gianfranco D'Amato a bordo del van di ritorno dall'Ucraina con Olga e le due bambine in fuga dalla guerra

Il racconto di Gianfranco D’Amato, uno dei 14 volontari segratesi tornato dalla missione al confine tra Romania e Ucraina.

Tutto è partito da un volantino” inizia così il racconto di Gianfranco D’Amato, amministratore di Segrate Servizi (la società comunale che gestisce le farmacie), in questo caso semplicemente un volontario, uno dei 14 segratesi in missione fino alle porte della zona di guerra. Partiamo dall’inizio.

L’IDEA DELLA RACCOLTA DI AIUTI

Solo un giorno dopo lo scoppio del conflitto, il 25 febbraio, D’Amato insieme ad altri segratesi decide “di fare qualcosa” e iniziare appunto da un “volantino” per promuovere una raccolta di beni di prima necessità per la popolazione ucraina. Detto fatto: il Comune mette a disposizione una sala di Cascina Commenda e la città risponde con uno tsunami di solidarietà. Centinaia di pacchi con viveri, medicine, vestiti, giochi, pannolini e merce di ogni genere viene accatastata prima alla Commenda poi in un deposito comunale. Ora bisogna organizzare il trasporto.

LA PARTENZA CON IL CONVOGLIO

“All’inizio pensavamo di affidare la merce ad un convoglio già organizzato dalla Chiesa ortodossa ucraina di Milano – spiega – ma poi abbiamo deciso di partire anche noi, di unirci alla carovana e andare direttamente là a consegnare ciò che avevamo raccolto. Abbiamo noleggiato due furgoni grazie a delle donazioni private – continua – recuperato 2 van e un altro furgone più piccolo e abbiamo messo insieme una squadra di 14 volontari a cui si è unito il capo della Protezione Civile segratese, il grande Nunzio Brognoli, che con l’auto ufficiale delle tute gialle ha guidato il convoglio fino a destinazione. Io li ho chiamati i  ‘Segrate’s fifteen’, una squadra fenomenale unita da uno scopo comune“. La partenza venerdì 4 marzo: in tutto si mettono in moto tra tir, furgoni e van 14 mezzi, di cui 5 segratesi.

IL VIAGGIO ATTRAVERSO L’EUROPA

“E’ stato un viaggio massacrante dal punto di vista fisico perché abbiamo dormito pochissimo. Percorso 4.000 km in 4 giorni e dormito in tutto 10 ore… Ma insomma a volte queste sfacchinate si fanno per una vacanza, qui avevamo una motivazione ben più nobile a spingerci…”. Domenica 6 marzo la colonna arriva a Siret, il più grande campo profughi in territorio rumeno, al confine con l’Ucraina. Qui vengono scaricate le tonnellate di beni portate dall’Italia: una parte viene caricata sui mezzi della protezione civile ucraina, una parte prosegue il viaggio con il vescovo della chiesa ortodossa verso il cuore della zona di guerra.

L’INCONTRO CON I PROFUGHI

“Trovarsi in mezzo al campo profughi di Siret è stata davvero una esperienza molto forte – racconta – vedere tutte quelle persone, soprattutto donne, mamme, che arrivano dal confine ucraino con un semplice trolley, una borsa, i bambini in braccio, lasciando le loro vite e i loro mariti, fratelli, alle spalle è davvero toccante…. e senti che non puoi non fare nulla per aiutarli…”.  Da qui la decisione di non tornare con i mezzi vuoti, ma di accogliere a bordo un gruppo di profughi verso l’Italia.

IL RITORNO CON LE MAMME E I BAMBINI

“Abbiamo fatto il conto di quanti posti avevamo a disposizione sui van e abbiamo deciso di ospitare a bordo chi avesse bisogno di raggiungere parenti in Italia. Siamo riusciti a dare un passaggio a 8 persone, soprattutto mamme con bambini – spiega – la più piccola, Veronika, di appena un anno con i suoi giovanissimi genitori. Altri 4 profughi sono stati accolti sugli altri mezzi del convoglio. Io e il mio compagno di guida Michele Romanelli avevamo a bordo Olga e le sue due bimbe di 4 e 9 anni. Olga non parlava una parola di nessuna altra lingua e dunque abbiamo comunicato con Google Translate a messaggi, decine di messaggi durante tutto il viaggio…”.

“MI SENTO UN PO’ ZIO DI QUELLE BAMBINE”

“Il viaggio di ritorno ovviamente è stata la parte più toccante – racconta – perchè un conto è portare viveri, un conto è portare persone… e portarle in salvo, in un posto sicuro… Ovviamente mi sono sentito molto coinvolto emotivamente nella loro storia…. Ora sono partite per Catania, dove c’è la sorella di Olga – continua – ma la situazione è complicata e ci stiamo dando da fare per trovare una sistemazione per loro. Diciamo che mi sento un po’ zio ora di queste bambine… – sorride e si sente tutta l’emozione e l’affetto. L’umanità vince sulla guerra.

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