Una scritta luminosa è stata posizionata sulla sommità dell’azienda segratese: si tratta di un’opera d’arte.
Una grande scritta attira l’attenzione sul terrazzo dell’azienda Sice Previt di via degli Alpini a Segrate. È comparsa qualche settimana fa e inaugurata ufficialmente sabato 5 aprile. Si tratta di un’opera realizzata dal giovane artista Giulio Alvigini: un’installazione composta dalla scritta “operaio”, spezzata nella parole “opera” e “io” dallo spigolo della ringhiera sopra cui è posizionata, «creando un cortocircuito visivo in base al punto di vista dell’osservatore – spiega l’artista. “Opera-io” è un omaggio alla categoria – aggiunge – alla figura dell’operaio, una celebrazione del frutto del suo lavoro».
Non a caso è stata scelta dall’azienda Sice Previt, eccellenza di Segrate, leader nel settore dell’edilizia e nella produzione di arredi per i retail in tutto il mondo. Una realtà in cui si fonde tecnologia e artigianalità: un grande alveare operoso in cui lavorano oltre 400 dipendenti.
L’azienda a settembre ha accolto la proposta di Aidaf (associazione italiana delle imprese famigliari) di aderire al progetto “Produrre Futuro” in cui le imprese socie “adottano” un artista emergente e ne ospitano le opere nella propria sede. Da qui è nato il legame con Alvigini e la realizzazione sul terrazzo dell’azienda segratese.
Non è la prima installazione artistica per Sice Previt, che ha un forte legame con l’arte e il design. Ospita, ad esempio, sullo stesso tetto della scritta, la “Maison au Bord de l’Eau”: una casa trasportabile per le vacanze, concepita dalla pioniera dell’architettura modernista Charlotte Perriand nel 1934, ricostruita fedelmente da Sice Previt ed esposta al pubblico l’anno scorso in occasione del Fuorisalone.
Anche quest’anno l’inaugurazione della nuova opera, che resterà in modo temporaneo, si è svolta durante la settimana del Salone del Mobile, ma non aperta a tutta la città, almeno per ora.
Dalla strada è possibile vedere parzialmente l’installazione, in particolare la sera, quando una parte della scritta si illumina: le lettere della sola parola “opera”. «L’io si defila di fronte all’opera – spiega Alvigini – al cospetto della necessità collettiva della collaborazione: di notte rimane l’opera e spariscono tutti gli “io” che l’hanno realizzata. Eppure l’io resta, è riconosciuto, si palesa alla luce diurna. La stessa luce che separa le ore di lavoro giornaliero dal riposo notturno, la vita activa dalla vita contemplativa. L’opera è la luce nel buio, mentre l’io è il saldo operatore segreto del suo lavorìo (lavoro-io)».
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